Latte Ledro
I formaggi del Fic
Che valore ha il sapore del latte di una malga trentina? E quando si trasforma in lingotti di formaggio artigianale di montagna?
La domanda può apparire banale. Se ci sono mucche, c’è latte. Se c’è latte, e almeno un casaro, una caldera, del caglio e dei fermenti, ci aspettiamo di vedere nascere un formaggio. Sì, ma quale?
Abbiamo trascorso una giornata con Laura Oradini dell’Azienda agricola Latte Ledro nell’omonima valle del Trentino meridionale e abbiamo compreso che il sapore del latte e tutti gli aromi riconoscibili in una forma cagliata e fermentata sono preziosi quanto l’amore, la fatica, la dedizione, i sacrifici, il coraggio e i saperi, rubati ed ereditati, che li hanno generati.
Valori che accompagnano la famiglia Oradini da quattro generazioni e che oggi ti invitiamo ad esplorare. Così che ogni volta che, tu, come noi, farai l’esperienza di degustare una fetta di formaggio li possa cercare, riconoscere, valorizzare. Il prezzo, ti assicuriamo, sarà inestimabile. Perché il viaggio nel gusto è un’avventura totale. Il palato accende e sedimenta memorie che i ritmi frenetici della quotidianità tendono a rinchiudere in cassaforte. Si tratta solo di trovare la chiave. Qui, è possibile. Tutto l’anno.
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La scelta di Laura
Scoprirai che il gesto di assaporare il latte vivo trasformato può diventare un’emozione vera, intensa quanto il viaggio intrapreso agli inizi del ‘900 da una famiglia che non si è mai data per vinta. E la vulcanica, schietta, instancabile Laura ne è il risultato.
Una ragazza che cento ne pensa e mille ne fa. La incontri in azienda tutti i giorni, al banco dei suoi formaggi o tra i suoi animali, mucche, maiali, cavalli che hanno tutti un nome, prima e dopo aver servito personalmente i migliori ristoratori della valle fino al Garda.
Ti emozioni a sentire i suoi racconti di amore, rispetto e devozione per papà Ermanno, l’artista della caseificazione, e mamma Cristina, e ancor prima per i nonni, che la hanno portata a fare scelte impopolari, di cuore. Da una carriera in una multinazionale alla decisione nel 2014, a soli 24 anni di trasformare l’allevamento di famiglia da conferitore del latte in azienda autonoma.
È lei che negli ultimi 5 anni, dopo un’esperienza di mesi in un ranch americano che le ha dato la giusta distanza per pensare e ricaricarsi, è riuscita a incrementare produzione e vendita del 240% dei suoi prodotti. Se la conosci, capisci perché. Ma attenzione, il merito tiene bene a distribuirlo con tutti i membri della famiglia e di Nicolò, il giovane allievo casaro, perché ha un motto stampato sulla pelle: “Il lupo è la forza del branco e il branco è la forza del lupo”.
I valori di Laura
“A casa mia ci sono sempre stati debiti. Ho sempre sentito parlare di debiti ma mio papà”, Laura si emoziona, “ha sempre detto che finché c’è da mangiare sulla tavola, noi stiamo bene. I debiti si pagano da soli e, se non ci sono i soldi, vendiamo fuori quello che abbiamo. Lui sorride sempre e questa è la sua filosofia, un esempio di vita”.
Laura avrebbe voluto studiare all’istituto Agrario di San Michele all’Adige ma costava e avrebbe dovuto pagare un appartamento per la distanza da casa, così ha optato per qualcosa che potesse comunque tornare utile per far stare meglio la famiglia. Si è iscritta a ragioneria e, mentre, dall’età di 15 anni ha tenuto in mano i conti di casa e della stalla, dopo il diploma, si è fatta notare come amministrativa, poi addetta agli acquisti e alla logistica di una grande azienda trentina metalmeccanica.
Latte Ledro ha sede nella casa, fuori paese, dove già vivevano i genitori di papà Ermanno, detto il Fic, da fico per le sue forme, fin da bambino, paffute. L’ufficio di Laura è proprio nella vecchia stalla dove all’inizio del secolo scorso la famiglia teneva 4 mucche per l’autosussistenza.
“Tu dovevi conoscere mia nonna. Ha avuto tre figli maschi, poi quando è morto il fratello del marito che aveva quattro figli, mia nonna si è allevata i suoi tre figli più è stata da spalla a sua cognata. Non aveva niente, eppure per ognuno che passasse di qua, c'era sempre un posto in tavola. Andava a fare pulizie di giorno e di notte, cuciva, andava nei campi, faceva di tutto pur di mandare avanti la famiglia. Aveva la forza di tre uomini lei, se tu la vedevi lavorare… cresciuta con gli uomini doveva essere più uomo di loro che è quello che dicono sempre tutti a me: tu Laura li spaventi quando ti vedono…”.
Del resto, il lavoro in allevamento non si ferma mai. Sabato, domenica, Natale, Ferragosto, le mucche richiedono cura e due mungiture al giorno e il latte deve essere lavorato fresco, appena munto.
I formaggi di Laura
I formaggi del Fic nascono dal latte di circa 80 mucche di razza bruna, frisona, jersey e pezzata rossa. Ogni mucca produce una determinata qualità di latte, più magro o più grasso o più proteico, in base alla tipologia di formaggio da produrre. Tutto il latte viene lavorato a crudo, senza pastorizzazione, ciò che gli conferisce una consistenza piena e pannosa che, ad ogni livello di stagionatura, riempie, scivola, si scioglie e attiva l’acquolina in bocca. E mantiene persistente il profumo dell’erba e del fieno, un aroma difficile da dimenticare, più o meno spiccato, presente in ogni tipologia di caseificazione.
I formaggi, circa una decina più il burro, prendono il nome dai prati sopra l’azienda dove gli animali vengono spostati a foraggiarsi durante l’estate in pascoli sempre più in quota. Il caglio utilizzato è quello naturale dei vitelli, i fermenti sono prodotti direttamente in casa da mamma Cristina, le forme vengono conservate gelosamente in un caveau dove ogni settimana vengono personalmente oliate dalle mani sapienti di Ermanno. Mani che emozionano alla vista, che sanno riconoscere la temperatura della caldera ancora prima di averla verificata, che muovono e tagliano forme con il sorriso di un principiante che da 60 anni rinnova gli stessi gesti.
Poi c’è l’odore del fieno in azienda, quello che viene imballato per la stalla, il fieno degli stessi prati verdi in quota che anche essiccato mantiene il colore verde dei larici e un profumo così intenso e dolce che ti verrebbe voglia di farci il bagno.
E allora il burro si chiama Geometra come la cima più alta della valle. La caciotta tenera, Croina, come il pascolo che la alimenta. Coloer sono le caciotte speziate all’erba cipollina, timo, aglio orsino e peperoncino dal nome di un angolo di paradiso nascosto, gestito dalla famiglia Oradini dal 1990, e così via, formaggi per la piastra fino ai due stagionati che portano i nomi dei pascoli più pregiati, Vies e Candria.
I progetti di Laura
Mentre apre e chiude file nella testa di tutto ciò che serve all’azienda, dal trattore ai cesti, dalle certificazioni sanitarie fino agli ordini, Laura trova il tempo per portare i clienti, che arrivano per fare scorta dei suoi prodotti, nelle stalle, tra i vitellini e per accompagnarli in una degustazione guidata prima dell’acquisto.
“Io non faccio progetti a lungo termine perché pianifico continuamente giorno per giorno. Avevo un’idea: dare più vita a mio papà e mia mamma però allo stesso tempo mi rendo conto che più incrementi la lavorazione e più c'è da fare e allora continuo a vederli lavorare sempre. Ma sono riuscita a dare una svolta, a far quadrare i conti e far percepire il valore di prodotti che vengono riconosciuti come eccellenze”.
Ma di progetti ne ha e tanti, Laura, e te li racconta come se li avesse già raggiunti sempre proiettata verso il futuro. È accompagnatrice equituristica e istitutrice pony con i suoi due cavalli. Non insegna a galoppare ma ad amare e sentire la responsabilità della vita dell’animale. Ha fatto un corso di apicoltrice per portare avanti le arnie dello zio e poter raccontare sempre meglio gli abbinamenti formaggio e miele, di degustatrice per far riconoscere la combinazione delle quattro tonalità prevalenti del formaggio, dolce, salato, acido e amaro e quando a prevalere sono l’amaro e il salato, ti spiega che qualcosa non ha funzionato. E poi il progetto del museo dove raccontare la vita della sua gente attraverso gli attrezzi e le fotografie private che le sono state prestate dalla comunità.
“Mi piace la storia perché le foto vecchie mi emozionano, le foto della vita vera. C’è una cosa bella in tutte quelle foto, è che tutti sorridono, fanno fatica ma ci sono dei sorrisi veri, sono sporchi di terra ma i bambini hanno di quelle facce, dei sorrisi così belli, non come i selfie di oggi. Oggi abbiamo tante foto ma non abbiamo ricordi. Lì invece di foto ce n’erano poche ma di ricordi tanti, che ti arrivano dentro, ti trafiggono lo stomaco”.
A Bezzecca, in Val di Ledro, ci arrivi a piedi o con l’auto. Qui hai l’occasione di imparare il latte e un pezzo della sua storia di valle. Quando incontri Laura, guardala negli occhi e reggi lo sguardo. Potrebbe capitare di emozionarti.