D'Andrea e Bennink, viaggio nell'universo del jazz
Con il progetto “Traditions Today” dedicato al jazz tradizionale, il pianista meranese, magnificamente affiancato da Daniele D'Agaro al clarinetto e da Mauro Ottolini al trombone, nel concerto odierno a Passo Lavazè ha ripreso e reinterpretato sonorità famigliari all’orecchio del numeroso pubblico, lasciando spazio alle improvvisazioni alla batteria di un istrionico Han Bennink
Un cielo chiarissimo in un'aria cristallina. Una di quelle giornate in cui l'occhio può correre lontano. E a giudicare dal concerto de I Suoni delle Dolomiti, ascoltato oggi, anche l'orecchio. A Passo Lavazé, si sono dati appuntamento due musicisti che hanno fatto - non è esagerato pensarlo - un pezzo della storia del jazz moderno. Sono Franco D'Andrea e Han Bennink, che in due sommano circa 150 anni di vita e oltre un secolo di musica.
Ad ascoltarli non si direbbe tanta e tale è l'energia e la curiosità che li anima. Diversissimi tra loro sin dal modo di vestirsi e porsi sul "palcoscenico" se così si può definire l'allestimento su prato del festival I Suoni delle Dolomiti. Franco D'Andrea in camicia a maniche lunghe e Han Bennink in pantaloni corti e maglietta che - si capisce ben presto - non vede l'ora di sfilarsi di dosso. Uno tutt’uno col pianoforte che quando si alza per gli applausi fa avanzare sempre i compagni di avventura e si ritrae quasi a nascondersi nuovamente dentro le note che ha appena suonato o sta già pensando di suonare. L'altro è improvvisazione, ritmo, interazione sempre pronto a gettarsi su un oggetto per capire il suono che può emettere e a interagire col pubblico persino con la voce.
Entrambi però uniti da un medesimo approccio rigoroso, sofisticato e raffinato all'universo jazz. E qui - affiancati splendidamente da Daniele D'Agaro al clarinetto e da Mauro Ottolini al Trombone - ecco l'altro grande protagonista del concerto di oggi, "l'universo del jazz". Sì perché D'Andrea e compagni si sono lanciati in un autentico viaggio nel tempo. Non per suonare qualcosa di conosciuto, ma per dimostrare ancora una volta quanto non si finisca mai di riprendere e reinventare, di pensare che il già detto si possa ridire, ma in modo diverso e nuovo.
Così l'orecchio del numeroso pubblico si è accorto di sonorità ed atmosfere famigliari che però sono state riprese e reinterpretate in modo nuovo, rese vitali e diverse. Una lezione per chi pensa che sia già stato tutto scritto e suonato e l'unica cosa percorribile sia invece l'utilizzo di diversi supporti. Il titolo del concerto di oggi era già da solo una dichiarazione d'intenti, questo "Traditions Today" che il pianista meranese ha dedicato al jazz tradizionale, alle formazioni degli esordi di questa musica del Novecento, alle bande che ha voluto sintetizzare in un quartetto particolare fatto di pianoforte, clarinetto, trombone e batteria. Travolgente e sospeso allo stesso tempo, malinconico ed esuberante, ritmico e pensoso, il programma si è mosso tra poliritmie, riff, ispirazioni ellingtoniane e brani come "I got Rhythm" scritto da George e Ira Gershwin adattato da Franco D'Andrea, "Naima" di John Coltrane, "I've found a new baby" scritta da Jack Palmer e Spencer Williams e ormai diventata uno degli standard più amati o "Undecided" che qualcuno ricorderà cantata da Ella Fitzgerald. Tra questi ed altri anche tanta improvvisazione e gli assoli di Bennink che ha usato bocca, terreno e sedia per lanciarsi nelle sue istrioniche performance sonore. Per tutti tantissimi applausi e un bis chiesto a gran voce, immancabilmente arrivato con "Strawberry" di Gershwin.
Le immagini video del concerto saranno disponibili in serata sulla piattaforma www.broadcaster.it