UN TRENTINO A MISURA DI CICLOTURISTA
Dal 1998 ad oggi la Provincia Autonoma di Trento ha investito molte risorse per dotare l’intero territorio di percorsi che consentono di muoversi in sicurezza sulle due ruote, sfruttando, dove possibile, strade arginali o di campagna. Impiegati lavoratori e lavoratrici espulsi dal mondo del lavoro. Questa capillare rete di itinerari ciclopedonali sono diventati un modello per altri territori
In molti paesi del centro e nord Europa l’abitudine di muoversi con la bicicletta è radicata da decenni nella popolazione, una sana abitudine facilitata dalle ridotte altimetrie, ma anche da una rete di piste ciclabili che rende sicura la vita di chi pedala per recarsi al lavoro o per divertirsi. Un esempio che il Trentino ha cominciato a seguire da fine anni Ottanta, con grande anticipo rispetto ad altre regioni italiane, dando vita ad una rete che va dal Garda alle Dolomiti, attraversa siti di grande valenza ambientale, parchi e biotopi, aree d’interesse archeologico e culturale, attraversando zone ove il lavoro dei contadini si può toccare con mano. La rete gestita dal Servizio per il Sostegno Occupazionale e la Valorizzazione Ambientale della Provincia Autonoma di Trento, sotto molti punti di vista, può essere considerata un modello di intervento sul territorio.
Tutto ha avuto inizio nel 1988, quando la Provincia Autonoma di Trento, dotata di una speciale autonomia legislativa e amministrativa, ha approvato una legge specifica, seguita nel 1994 da un piano di lavoro ed un’organizzazione per realizzare oltre 400 chilometri di percorsi ciclopedonali al fine di favorire i collegamenti fra i centri abitati, riqualificare la qualità degli spazi urbani, garantire la sicurezza nell’uso della bicicletta e favorire il cicloturismo valorizzando le risorse ambientali e storico culturali. Quale soggetto protagonista di questa opera fu individuata dapprima l’Agenzia del lavoro e successivamente l’allora Servizio Ripristino e Valorizzazione Ambientale ora Servizio per il Sostegno Occupazionale e la Valorizzazione Ambientale, che elaborò un progetto specifico per l’individuazione di possibili tracciati e per la loro successiva realizzazione. Ai collegamenti all’interno dei centri abitati avrebbero pensato le amministrazioni comunali. Dei 570 chilometri di percorsi individuati nel Piano Generale elaborato nel 2008, ne sono stati realizzati 453.
Il coinvolgimento del Servizio per il Sostegno Occupazionale e la Valorizzazione Ambientale, benché poco noto, è uno degli elementi più originali e qualificanti dell’intero progetto, poiché fin dall’inizio si è deciso che tutte le opere di contorno e finitura, nonché i lavori di manutenzione ordinaria, fossero realizzati da cooperative che impiegano lavoratori espulsi dal ciclo produttivo. Disoccupati in cerca di un lavoro, che sarebbero comunque a carico della comunità locale e che, grazie alle piste ciclabili ed altri lavori socialmente utili, svolgono ancora oggi un servizio utile all’economia e al territorio, visto che spesso queste cooperative aiutano i lavoratori a raggiungere l'età pensionabile.
Sul piano tecnico si è dato vita a percorsi protetti recuperando, ove possibile, vecchie strade, tracciati di ferrovie dimessi, carrarecce di campagna e stradine arginali. Nei punti nevralgici hanno visto la luce opere specifiche come sottopassi, ponti, mensole a sbalzo, rilevati con terre armate e altro, per il superamento di ostacoli morfologici o per la messa in sicurezza di punti conflittuali con il traffico veicolare.
I percorsi realizzati hanno caratteristiche e fruizioni diversificate che rispecchiano le peculiarità dei luoghi attraversati. In generale si possono riassumere tre tipologie principali.
I primi sono gli itinerari principali, che si sviluppano lungo le vallate del Trentino, veri assi portanti dell’intera rete. Sono percorsi di collegamento o di attraversamento, che coinvolgono una pluralità di Comuni e dove è presente un’elevata richiesta di mobilità.
I secondi sono gli itinerari cicloturistici, che si snodano in aree di particolare pregio naturalistico-ambientale o a forte vocazione turistica, come quelli a ridosso del Lago di Garda o di quello di Caldonazzo, pensati per il tempo libero, ma che risultano comunque funzionali a spostamenti alternativi all’automobile.
Infine vi sono gli itinerari operativi, tratti strategici di collegamento tra percorsi principali o funzionali all’uso intermodale bici-treno, bici-autobus. Svolgono l’importante ruolo di migliorare l’accessibilità e la fruibilità dell’intera rete ciclopedonale supportando la mobilità alternativa.
Cambiano le quote e cambiano i paesaggi, a seconda della vallata che si sceglie di attraversare seguendo il proprio ritmo, non cambiano gli standard di qualità offerti dagli oltre 400 chilometri di percorsi riservati ai ciclisti e ai pedoni.
In generale i percorsi ciclopedonali vengono realizzati con una larghezza massima di 3 metri (limite fissato dalla L.P. 49/1988 e ripreso nella L.P. 12/2010). Per i tratti ex-novo viene eseguita una fondazione stradale di 25/30 cm di spessore, in materiale legante misto di cava, uno strato successivo di 5 cm compressi di materiale granulare stabilizzato ed infine la stesa di uno strato unico di conglomerato bituminoso di 6 cm di spessore. Ogni percorso è dotato di una specifica segnaletica, oltre a quella verticale ed orizzontale prevista dal Nuovo Codice della Strada: segnali e tabelle informative con indicazioni di carattere storico, culturale e ambientale dei luoghi attraversati. L’intera rete è segnalata da cippi che indicano le progressive chilometriche recanti il pittogramma della posizione rispetto all’intero tracciato. A tutto questo si aggiungono la disponibilità delle tracce GPS da inserire sul navigatore prima di partire, la possibilità di caricare la propria bici su un pullman o un treno locale ad un costo molto contenuto, il ristoro e il supporto tecnico offerto dai bicigrill, il cui numero è in costante aumento.