Le aragoste muoiono per incidenti di percorso - Inaugura la programmazione del Teatro Cuminetti di Trento
Il "Teatro Cuminetti" di Trento riapre le porte al pubblico e mercoledì 9 ottobre 2024 ed ...
Il "Teatro Cuminetti" di Trento riapre le porte al pubblico e mercoledì 9 ottobre 2024 ed inaugurerà la propria programmazione ospitando il primo appuntamento della Piattaforma regionale per la circuitazione dello spettacolo professionale dal vivo, l’iniziativa sostenuta dalla Regione Trentino-Alto Adige e promossa da Teatro Stabile di Bolzano, Centro Servizi Culturali S. Chiara di Trento e Coordinamento Teatrale Trentino, nata nel 2022 con l’obiettivo di rilevare e mappare le compagnie professionali sul territorio attraverso le loro proposte artistiche.
Il palco del Teatro Cuminetti di Trento avrà quindi il piacere di accogliere "Le aragoste muoiono per incidenti di percorso", spettacolo portato in scena dalla compagnia nata a Milano La Petite Mort Teatro, con la regia e la drammaturgia di Tommaso Fermariello. Con Gianluca Bozzale, Emilia Piz e Martina Testa.
“Il tempo è una cosa strana. Quando non ne abbiamo bisogno, non è niente. Poi d’un tratto non c’è altro. E’ dappertutto intorno a noi. E’ anche dentro di noi. Si insinua attraverso le nostre facce. Si insinua nello specchio, scorre attraverso le mie tempie. E tra me e te scorre in silenzio, come una clessidra.” Carlo Rovelli – L’ordine del Tempo
C’è Enea che ha otto anni. Gli piacciono la scienza, gli animali, i documentari sugli animali, la sua maglietta rossa con sopra stampato un brontosauro. Oggi, per la prima volta, sta andando dalla nonna da solo. C’è Chicca che è bloccata su un treno fermo in mezzo al nulla. Ha scoperto di essere entrata in menopausa. Si chiede come sarebbe vivere fino a centocinquant’anni. Pensa che la sua pelle sarebbe orribile a centocinquant’anni. Pensa che potrebbe rifarsi. C’è la signora Adele che ha ottantacinque anni. Vive da sola da quando il marito ha avuto il colpo. Le piace andare dal parrucchiere e le piace guardare le riviste che ci sono. Ultimamente però le capita di fare confusione. A volte si prepara, si mette il vestito giallo, che è il vestito del giovedì dal parrucchiere, e si siede sulla poltrona ad aspettare la figlia. Ma la figlia non arriva. Ha una sensazione. Come se stesse sbagliando qualcosa, ma non capisce cosa. Ci sono i nostri nonni, i ricordi che abbiamo di loro, i loro novant’anni, le giornate infinite, gli amici che muoiono, il corpo che si spegne e la testa anche, e il giocare a carte, raccontare di avere cinque anni di meno, forse dieci. Ci siamo noi, che stiamo tra la fine dei vent’anni e l’inizio dei trenta, e sentiamo il fiato che si accorcia, un primo mal di schiena, un po’ di rughe sopra gli occhi, i capelli che diventano radi. Noi che qualche anno fa eravamo giovani, immortali, e il tempo era un nostro amico, era dalla nostra parte e sembrava non finire mai.
Ci sono, infine, le aragoste che hanno una caratteristica particolare che le rende invidiabili alla maggior parte del genere umano. Un enzima che è in grado di riparare le estremità dei cromosomi rigenerando le cellule all’infinito. In altre parole, le aragoste non invecchiano mai. Sarebbero tecnicamente immortali, se non fosse che nell’atto di rinnovare la struttura esterna del proprio scheletro sono particolarmente inermi e preda di numerosi predatori. Le aragoste muoiono solo quando succede loro qualcosa di brutto. Come un incidente. Come sarebbe essere come le aragoste e non invecchiare mai?
Lo spettacolo è un racconto a più voci, che sta tra la fiction e il racconto di sé, una riflessione sul tempo e sull’invecchiare, sulle aragoste e sugli umani. Ma cos’è il tempo? Qual è il rapporto degli esseri umani con esso? «La struttura drammaturgica e registica prova a riflettere queste domande giocando con quello che è il tempo-ritmo dello spettacolo. – spiega Tommaso Fermariello - Lo spettacolo accelera, rallenta, prende delle pause, riflette, salta avanti e indietro con continui richiami tra un capitolo e l’altro. E intanto continua a scorrere verso l’inevitabile finale. Ogni capitolo (Futuro – Presente – Passato) è stato pensato con un linguaggio drammaturgico e scenico differente: il Futuro è una narrazione neutra e frontale, veloce, ritmata; il Presente un flusso di coscienza di un personaggio; nel Passato invece la narrazione è frammentata, cade il filtro della finzione e la realtà appare disgregata come succede nei ricordi. I segni scenici sono scarni ed essenziali (un orologio, una pianta, un palloncino), la drammaturgia e gli attori sono il centro di questo spettacolo. Il tempo e gli esseri umani, il nostro racconto e il pubblico.