Quello che scegliamo di mangiare…
… è specchio di chi scegliamo di essere
La storia di ogni seme merita di essere raccontata, e ascoltata, perché ogni seme fa germogliare la sua terra. Questa è la mia.
Sono un seme, non è facile per me
Quando mi hanno piantato c’era fresco e la terra umida mi faceva stare bene. Sono cresciuto piano ma con molta decisione e ho sbirciato fuori. Sono rimasto accecato dalla luce, affascinato dai colori del cielo.
Poi ho iniziato ad avere sete. Mi sono sentito morire e avrei dato tutto per una goccia di acqua. Aspettavo, giorno dopo giorno, che arrivasse la pioggia e, quando non finiva più, mi sono sentito annegare.
Mi sono svegliato ed era passato un po’ di tempo. Mi hanno aiutato, ma ho dovuto impegnarmi al massimo per recuperare le energie e spingere fuori un’altra fogliolina. Per tanti miei fratelli non c’è stato niente da fare.
Sono diventato alto e ho sentito delle voci. Raccontavano di una terra senza più stagioni, di un cielo imprevedibile. Cercavano soluzioni. Dicevano che per coltivare semi e piante come me ci sono sul mercato più di 350.000 veleni. La produzione è aumentata di 50 volte negli ultimi 70 anni. Io, nella mia terra, sono cresciuto senza addosso cose che tolgono il respiro, ma le sento lo stesso: nelle radici, nel vento che mi agita lo stelo, le ascolto mormorare nei lamenti degli insetti.
E allora dobbiamo allearci, ho pensato, con le piante, gli animali, il ciclo dell’acqua, le persone, dobbiamo costruire alleanze e trovare soluzioni, supportandoci a vicenda e crescendo tutti insieme. Credo che la chiamino agroecologia, permacultura, agricoltura biologica, produzione sostenibile…
Ho sentito nel vento le voci dei meli e dei vitigni
Sopraffatti dalle gelate di maggio e dalle grandinate estive, mi hanno raccontato di grandi fatiche, ma anche di belle storie: ci sono persone che hanno capito. La biodiversità è al centro e noi, piccoli semi, siamo parte di un sistema. Allora lasciano fiorire i papaveri e i non ti scordar di me nei campi di grano, alternano le colture, sulle viti mantengono le foglie a proteggere i grappoli dal sole bruciante e fanno crescere altre piante fra i filari, in modo che possano ombreggiarli.
Cercano le antiche varietà, spesso più resistenti e necessarie per diversificare la produzione: mele dimenticate, dai sapori speziati e aromatici, capaci di raccontare storie e testimoni delle pratiche di resistenza di una terra di valli e montagne, che vive nelle mani dei suoi contadini. Gli agricoltori - io l’ho visto - sono pazienti e costanti, non temono le intemperie, né la fatica: sono la dignità più profonda delle nostre comunità.
Li ho, anche, sentiti lamentarsi talvolta, perché chi produce sano e giusto fa un po’ di fatica sul mercato. Allora si sono organizzati, i trentini, in cooperative, gruppi di acquisto, reti solidali, per mettere in contatto agricoltori e produttori che condividono i valori di responsabilità e sostenibilità sociale e ambientale. L’unione fa la forza e la condivisione permette di valorizzare e replicare le pratiche che funzionano per farle diventare, un poco alla volta, la normalità.
È la storia di Slow Food, della rete di produttori Deges, dei Distretti dell’economia solidale Trentina, della Federazione degli agricoltori biologici e biodinamici, dei biodistretti e di tanti, tantissimi altri, radicati nelle valli, aggrappati alle pendici delle nostre montagne. Spesso si tratta anche di associazioni che fanno formazione, che ascoltano e che educano.
È il caso di GoEver, che oltre a promuovere la coltivazione di cereali biologici e a km0 in tutto il Trentino, lavora sulla reintroduzione dei cereali antichi e sul recupero dei terreni marginali e il miglioramento del paesaggio agricolo e della biodiversità. Si impegna anche, assieme a molte realtà locali come la Val Bio Cembra e il Consorzio Tutela di Tenno, nel legame fra agricoltura e turismo, fondamentale per tutelare i semi come me, coltivati con cura e attenzione costante, ma anche con molto impegno e fatica.
Chi mangia ha un ruolo fondamentale: scegliere
Scegliere dalle reti di piccoli produttori, che fanno comunità e giustizia climatica. Scegliere una cucina legata alle stagioni e al territorio. Scegliere anche di comprendere un modello produttivo autentico e che offra il meglio nella sua imperfezione. I meli che crescono vicino al mio campo sono preoccupati, perché con la grandine hanno un poco sofferto. Sono ammaccati, temono di non essere apprezzati. E la capretta che pascola qui vicino ha paura che qualcuno dica male del suo latte genuino: questo offre lei, una salute solida e cremosa.
Insalate croccanti da mangiare subito, pomodori succosi, latte crudo, legumi piccoli e bitorzoluti che saziano di proteine e sali minerali, erbe di prato essiccate con cura e pazienza, piccoli frutti raccolti uno a uno, delicati, ma dal sapore di bosco. L’aria che respiro è quella reale di prodotti imperfetti, gustosi, che cambiano tonalità in base alla stagione, che con le loro dimensioni, sfumature e caratteristiche scrivono le pagine degli anni, raccontandoci il coraggio di chi cambia sistema invece di cambiare il clima.
Un tal filosofo di nome Feurbach qualche tempo fa diceva che quello che scegliamo di mangiare è specchio di chi scegliamo di essere: io, ora che sono germogliato e ben cresciuto, vi posso garantire che aveva proprio ragione. Parola di piccolo seme!